Era il 2018 quando una ragazzina svedese di appena 15 anni, con un cartello in mano e poche parole scritte sopra – Skolstrejk för klimatet (Sciopero scolastico per il clima) – decideva di sedersi davanti al Parlamento del suo paese. Quel gesto apparentemente semplice, ripetuto ogni venerdì, è diventato il seme di uno dei movimenti ambientalisti più importanti degli ultimi decenni: Fridays for Future. Quella ragazzina era Greta Thunberg. In pochi mesi, milioni di giovani di tutto il mondo hanno iniziato a seguire il suo esempio, scendendo nelle piazze per chiedere azioni concrete contro la crisi climatica. Le manifestazioni globali per il clima hanno raggiunto numeri mai visti prima, spingendo governi, aziende e istituzioni a dichiarare obiettivi di neutralità carbonica e a prendere posizioni più nette sul cambiamento climatico. Ma la crisi climatica non si è fermata. Se da un lato si sono moltiplicate le dichiarazioni di intenti e i piani per la riduzione delle emissioni, dall’altro gli eventi estremi si sono intensificati. Oggi, il dibattito sulla questione climatica è più polarizzato che mai. Da una parte chi lotta per il cambiamento, dall’altra chi nega, minimizza o cerca di rallentare la transizione ecologica. In questo scenario, non possiamo ignorare che uno dei più grandi critici di Greta e delle politiche ambientali – Donald Trump – sia oggi di nuovo alla guida degli Stati Uniti. Durante il suo primo mandato, ha ritirato il paese dall’Accordo di Parigi, promosso le fonti fossili e ridicolizzato più volte gli attivisti climatici. La sua rielezione rappresenta una sfida per il futuro della lotta al cambiamento climatico.
Se c’è una lezione che possiamo trarre dalla mobilitazione ispirata da Greta, è che l’azione collettiva ha un impatto. Le promesse politiche sono importanti, ma lo è ancora di più la pressione costante della società civile. Il nostro compito, oggi, è non smettere di pretendere un futuro sostenibile. Ogni gesto conta: ogni conversazione con un amico, ogni scelta di consumo, ogni voto espresso. Il passato ci ha già dimostrato che la mobilitazione funziona. Il futuro, invece, dipende da quello che facciamo oggi. Qualche anno fa ho scattato le foto che vedete in questo post. Nella copertina c’è mia figlia di spalle che indica una zona industrializzata. Un gesto semplice, ma simbolico: il contrasto tra l’innocenza dell’infanzia e l’impatto delle attività umane sul nostro pianeta.
Il mondo ha aperto gli occhi sulla crisi climatica, ma la lotta non è finita. Oggi più che mai, dobbiamo continuare a puntare il dito su ciò che sta minacciando il nostro futuro. Perché il cambiamento non aspetta, e nemmeno noi dovremmo farlo. © Davide Zanin | Reporter della Natura